Project Management: l’arte di fare accadere le cose

Il Project Manager ricopre la funzione di responsabile del completamento e della qualità di un progetto. Per fare questo deve tenere sotto controllo tutti gli elementi e i vincoli stabiliti: tempo, budget, persone coinvolte e materiali.

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Seppur i compiti del project manager possano variare in base al contesto lavorativo in cui opera - a seconda ad esempio che operi in un’azienda o agenzia -, e preveda quindi competenze, conoscenze e skill diverse, in linea generale la sua attività mantiene un denominatore comune:

  • coordinare il lavoro delle persone coinvolte in un progetto, assicurandosi che ciascuna svolga la propria parte in maniera corretta ed efficiente;
  • supervisionare e portare a compimento il progetto a lui affidato nei tempi e nei modi previsti;
  • restare in linea con gli obiettivi del cliente, stabiliti ad inizio progetto, ma spesso modificati in corso d’opera.

La sua formazione, di conseguenza, è trasversale, vista la necessità di attivare competenze tecniche, gestionali e buone doti relazionali. Più del background scolastico, fanno la differenza la forma mentis e l’approccio metodico ed analitico.

Queste considerazioni valgono in generale per i progetti che, data la loro complessità, richiedono la presenza di un PM. Ma sempre più le progettualità su cui lavoriamo hanno attinenza con la sfera digitale. Ci siamo quindi chiesti come concepire la figura del Digital Project Manager!

 

I DUE GOAL DEL DIGITAL PM

1. Garantire al Cliente un servizio di qualità e un prodotto finale efficace

Cosa significa un prodotto efficace? Rilasciare un prodotto che sia rispondente a quanto progettato e diventi un mezzo per finalizzare gli obiettivi di business del Cliente.

2. Risk Management del progetto

Cosa sono i rischi dei fail nel progetto? James T. Reason, esperto in risk management dell’Università di Manchester, delineò un modello per rappresentare come nei sistemi complessi si possano verificare situazioni tali da determinare eventi anche estremamente gravi. Introdusse quindi il concetto di “system failure” evidenziando che vi è una naturale esposizione al rischio nei progetti che aumenta nel momento in cui anche solo un singolo elemento (procedura, informazione, comportamento, ecc.) all’interno di un sistema articolato non viene completato o eseguito in modo adeguato. Reason utilizza come metafora il formaggio svizzero (si, proprio quello con i buchi) per dimostrare come vi possano essere delle falle intrinseche nel sistema, rappresentate dai buchi nel formaggio; quando questi errori si allineano si determina un evento critico e quindi il fallimento del progetto.

Risk-management-&-System failure

Il monitoraggio costante che il presidio del PM garantisce sul progetto permette di innescare dei meccanismi che funzionano a più livelli, in sinergia con i vari Specialist, e che consentono sia di prevenire sia di difendersi da potenziali errori.

 

LO SCHEMA DI GIOCO DEL DIGITAL PM

Il PM si trova in un sistema di relazione con i 3 player fondamentali del progetto, con cui raggiungere i suoi due obiettivi cruciali: il Cliente, il Commerciale, il Team di Progetto, formato dai vari Specialist.

Come si possono gestire queste dinamiche all’interno dello schema di gioco?

1. Il PM e la relazione con il Cliente

Il Project Manager diventa il Project Owner, che garantisce l’efficienza e l’efficacia del prodotto. Per fare questo deve innanzitutto accreditarsi con il proprio Cliente, interpretandone correttamente le esigenze per poi trasferirle in agenzia dove deve guidare verso il successo il prodotto. La relazione con il Cliente deve essere di fiducia, in costante crescita e sinergia. In modo tale da instaurare una partnership che diventi un valore aggiunto al progetto stesso riducendone i tempi di realizzazione e minimizzandone i rischi.

2. Il PM e la relazione con il Commerciale

Il Project Manager eredita dal Commerciale un contratto: in questa delicata fase di passaggio del testimone fra players, diventa fondamentale tradurre quanto contenuto nell’offerta commerciale in un brief interno, un piano operativo dettagliato che faccia emergere le reali esigenze e gli obiettivi di business del Cliente, per poi andare a definire le priorità strategiche e, di conseguenza, la roadmap di esecuzione delle attività per concretizzarle. È il brief che definisce il valore che deve essere creato: per questo, si tratta di un documento che diventa la mappa per affrontare la costruzione delle singole porzioni del progetto.

3. Il PM e la relazione con gli Specialist

Ogni singolo Specialist si prende carico di un pezzo del valore da creare, diventandone protagonista. Per fare questo, si deve assumere delle responsabilità che non possono prescindere dall’aver compreso in modo profondo le esigenze del progetto e le sue finalità. Deve quindi prendersi carico di fare delle domande che indaghino sulle motivazioni che portano ad attivare la propria competenza, per poter andare avanti con il proprio lavoro.

Si instaura quindi una sorta di patto fra PM e singolo Specialist, dove:

  • da un lato, il PM deve rispondere alle esigenze dello Specialist sul perché si debba produrre un determinato contenuto;
  • dall’altro, lo Specialist si fa carico di aver compreso profondamente le esigenze del progetto e assicura la qualità del proprio prodotto in fase di preventivazione ed esecuzione.
  • Allo stesso tempo, lo Specialist può cogliere le aspettative del Cliente ancora non emerse, poiché ha tutte le informazioni e le competenze tecniche per fare evolvere il progetto.

 

IL METODO DA ADOTTARE NELLA GESTIONE DI UN PROGETTO

Quante volte progetti di grande impatto in termini di budget e di risorse sono stati cancellati perché, oltre ad aver sforato i tempi, non funzionavano? Quante volte ciascuno di noi è stato testimone oppure player attivo in un progetto che ha dato come output un risultato non corrispondente alle aspettative? Questo avviene perché ci muoviamo in un mondo sempre più veloce e variabile, orientato al cambiamento.

La complessità in cui ci troviamo ad operare richiede di riflettere su quale metodologia di Project Management sia la migliore da adottare.

Pianificare è sicuramente utile, ma non si possono più seguire rigidamente i piani dettagliati, dettati da rigidi GANTT, con deadline che non prevedono dei controlli intermedi che presentino l’output del prodotto che si sta sviluppando per essere validato e consolidato. Diventa necessario fermarsi a brevi intervalli, lavorando per iterazioni con il cliente, per poter ispezionare e adattare, rivedendo quello che è stato fatto, considerando se è ancora quello che si dovrebbe continuare a fare oppure cambiare rotta.

Per questo in ESC stiamo adottando un approccio che combini gli aspetti più funzionali delle metodologie Agile, SCRUM e Kanban.

Ma la rivoluzione è appena iniziata! Essere un Digital Project Manager è un viaggio in continua evoluzione.

Resta in ascolto e condivideremo con te come affineremo il nostro approccio al project management.